L’alterità testimoniale

ATTENDERE L’ATTESO – l’alterità testimoniale
La più grande storia della terra.
E anche la più grande storia dei cieli.
La più grande storia del mondo.
La più grande storia del tempo.
La sola grande storia del tempo.
La più grande storia di tutte.
La sola storia interessante che sia mai accaduta.
(Charles Péguy)

 

Avvento – venuta di un Altro in mezzo a noi – è ciò che descrive il poeta come la più interessante e grande delle vicende.
L’avvenimento – carico di tensione d’attesa tra ciò che è già stato e ciò che sarà – richiede attenzione: “venite, vedete le opere del Signore” (Sal 46,9a). La realtà dei nostri sensi (in)sensibili è convocata a questo evento. Se si vede, è vero. Se si accorre, c’è.

La storia è scritta; non c’è altro accadimento più importante e degno di nota per l’uomo. Le scoperte scientifiche e tecnologiche lo elevano. Questa lo umanizza. Lo redime.

La venuta, la Sua, è caratterizzata dalla testimonianza: affinché fosse comprensibile che non si trattava di opera umana – quale uomo potrebbe spingersi così in là? – Colui che viene ha una testimonianza altra; l’Altro è supportato da un Alto: “io non ricevo testimonianza da un uomo” (Gv 5,34a). La conferma “fuori campo” rende unico l’accadimento; mi devo scontrare quotidianamente con questa testimonianza per comprendermi più me stesso; io.

La Sua venuta è caratterizzata dalla relazione. Il Suo venire è relazione. Questo costituisce “il centro e il nodo, l’asse e il fulcro, l’articolazione maestra del cristianesimo” (Charles Péguy). Non ha pretesa di autoproclamarsi come Qualcuno. Non ricorre ad un potere. Viene in nome di un Altro, “il Padre, che mi ha mandato” (Gv 5,37a). Viene da Figlio.

Ecco ciò che occorre vedere, ecco dove venire; ecco ciò che i nostri occhi hanno sperato di vedere: “un uomo-Dio, un Dio-uomo” (Charles Péguy). Questa è la storia.

Egli entra, squarcia il nostro esistere, l’esistenza stessa, richiamandoci in causa: “ascoltatemi, voi che cercate il Signore” (Is 51,1a). Entra, in un evolversi umano, come segno di “pietà” (Is 51,3a) che muove a promessa: “da me uscirà la legge” (Is 51,4c). Una legge giusta e salvifica; legge di relazione. Scaturigine di ogni altra relazione.

La legge del Padre è Egli stesso, incarnato, entrante; ne è il suo “profumo” (2Cor 2,14b) persistente. Il mondo, da allora, ha la fragranza di una testimonianza imperitura: “per sempre” (Is 51,6f). Inutile ogni tentativo di neutralizzarla. Nello scontro io risulterò sempre sconfitto.

Le opere, il Padre e le Scritture danno testimonianza a Colui che viene, prova provata. Ha diritto d’entrata. Ha dovere di entrare. E’ la Sua missione. Venire per dare prova di Lui; manifestazione di Infinito, apertura al Mandante, significato e direzione all’uomo. Compimento d’intesa.

Gesù è la realtà del Padre, la Sua storia, la Sua stessa esistenza che prende corporeità in mezzo a noi: ciò che compie e dice è il Suo unico legame con il Padre. Quello che dice e ciò che compie sono rimandi ad una realtà altra: è l’Io che rimane nel Tu. E’ Figlio legato al Padre.

L’Atteso è compimento di un progetto. Un Dio che scende ad immischiarsi con l’uomo. Ogni sforzo ascetico è nullo di fronte a questa immersione divina. E’ Lui che mi viene incontro – a me! – come apertura travolgente. Il mio io è travolto.

Quando verrai Signore? Profuma la mia storia con la tua conoscenza. Tu, fragranza del Padre, Sua promessa. Tu, Suo tutto. Tu, Lui in Te. Tu, il mandato. Lui, il mandante. Insegnami la relazione filiale, insegnami il Padre. Tu, Altro, riconducimi in Alto. Signore, nel Tuo venire, che io ritrovi me. Io in Te. Tu in me. Il Padre in noi.

Vieni, Signore.

Alessandro