Bellum mystici

RICONOSCERE L’ATTESO – bellum mystici

Amore non è Amore
o tende a svanire quando l’altro s’allontana.
Oh no! Amore è un faro sempre fisso
che sovrasta la tempesta e non vacilla mai.
(William Shakespeare – Sonetto 116)

 

Continua, la liturgia, a mostrarci Chi sia Colui che è venuto a noi. Ci sono mostrate manifestazioni-segno di Lui. Sono racconti in crescendo, apici di Lui; vette massime per riconoscerLo.

Ho da dirti qualcosa” (Lc 7,40a). Invitato “a mangiare” (Lc 7,36a) da un uomo della Legge, Egli si scontra con la Legge stessa. Causa, “una donna, una peccatrice” (Lc 7,37a). Il fariseo non coglie, dall’alto del suo orgoglio nel ritenersi perfetto. Disprezza la donna; disprezza l’Invitato.

Che cosa dovrò fare per te?” (Os 6,4a) domanda, attraverso il profeta, Dio al popolo. Vi è mancanza di affezione; “il vostro amore è come una nube del mattino” (Os 6,4c). Cioè è effimero; ha durata breve, di un giorno; di un’ora, di un istante. E’ problema di affezione: l’Amore non è amato.

Eppure Dio è chiaro: “voglio l’amore e non il sacrificio” (Os 6,6a). Vuole relazione in atto, non pingui animali da arroventare. Vuole vite che si lascino pro-vocare, non leggi a cui obbedire.

Per questo – solo per questo – che è tutto, “verrà a noi” (Os 6,3c); viene a noi, è venuto. Viene per entrarti in casa, nel tuo privato; è Affezione che chiede il tutto, non una parte.

L’uomo della Legge non comprende. Crede di fare bella figura ad invitarLo. E non si accorge, da quanto è misero, che si trova anch’egli sul banco degli imputati. Come quella donna. Sono provati da Lui-Amore; sfidati da questa eccedenza di affezione.

AccoglierLo e riconoscerLo ci costa una “morte alla Legge” (Gal 2,19a); un cambio di mentalità.

Il fariseo deve morire alla sua Legge, divenuta condanna sfrontata a tutti e a tutto. La donna deve morire alle sue condanne e vergogne che la inseguono e vessano. L’uomo di legge è fermo nella sua statica sicurezza-di-sé; la donna osa nell’amore.

L’insegnamento impartito alla Legge è esemplare: “sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco” (Lc 7,47). La Legge non è in grado di amare; ha solo forza sterile di condanna. L’Amore, invece, cambia e genera.

In quella casa, al Suo arrivare, si scontrano – al secolo – Legge e affezione; norma e amore, regola e vita. La tavola si accende di polemica, di rigidità. I commensali trasaliscono; il boccone si ferma in gola.

Chi è costui che perdona anche i peccati?” (Lc 7,49b).

Che sia nato in una mangiatoia, che abbia tramutato acqua in vino o che abbia moltiplicato pane per la folla; ciò non ha creato molto scalpore. I segni dovevano rimandare ad Altro; ma non è stato colto.

Ma ora, ora, ha l’ardire, Lui, di perdonare. Solo ora ci è possibile cogliere quale grande speranza, quale grande potere Egli sia venuto a testimoniare. Ora è riconosciuto, davvero, per ciò che E’: Colui che ha potere di rimettere il peccato, di ricacciarlo là da dove viene.

E’ Epifania sesta; manifestazione di un potere soprannaturale; mistico. E’ mistica di amore, sorprendente. E’ Amore che libera dall’accusa; dal peccato. Non lo nega ma lo prende su di Sé. Epifania di remissione.

Dio è accusato di chinarsi sull’uomo, di accostarsi al peccatore, d’aver fame della sua conversione e sete del suo ritorno; di prendere l’alimento della misericordia e il calice della benevolenza. Cristo, fratelli, è venuto a questa cena, la Vita è scesa tra questi convitati perché, condannati a morire, vivano con la Vita” (Pietro Crisologo – V secolo).

Alessandro