16 marzo 2025
II DOMENICA DI QUARESIMA (C)
Giovanni 4,5-42
Riflessione a cura di don Erminio Villa
1. L’osservanza della preghiera
La prima lettura tratta dal libro del Deuteronomio (6, 4a; 11, 18-28) ricorda il monito del Signore, che istituisce un nesso profondo tra l’osservanza della sua Parola e la vita buona del credente e del popolo stesso.
La prima parte della lettura indica come la conoscenza e la memoria della Parola del Signore debba essere pervasiva nell’esistenza del pio ebreo. Le varie parti del corpo debbono recare un segno dell’osservanza: l’anima, il cuore, la mano, la fronte. Ma anche spazio e tempo debbono essere riempiti della presenza di quanto il Signore ha indicato; sia quando si è seduti, sia quando ci si alza, sia quando si entra e si esce da casa: sempre. Persino gli stipiti delle porte debbono recare un segno.
Da qui l’usanza degli israeliti, ancora oggi, di utilizzare piccoli accorgimenti durante la preghiera per osservare alla lettera il dettame divino: dalla mano sino agli occhi parte un legaccio di cuoio che diventa un piccolo contenitore sulla fronte, contenente un brano della Parola di Dio.
Ogni casa ebrea ha sugli stipiti un piccolo contenitore avvitato al legno, che contiene un rotolo della Parola di Dio. Ogni volta che si entra ed esce dalla casa, si bacia questo simulacro. Questo vale da monito anche per noi cristiani. Ricordiamo la risposta di Pietro a Gesù: tu solo hai parole di vita eterna.
2. La vigilanza su se stessi
La seconda lettura di San Paolo ai Galati (6,1-10) riprende un tema quaresimale: vigilare su se stessi. Sondare bene che cosa abita il nostro cuore. Soprattutto per non accusare gli altri di cose che anche noi non osserviamo.
La Quaresima è tempo di conversione, tempo buono per mettere in ordine la nostra vita. Per questo ci vengono consigliati preghiera e digiuno, che scacciano i demoni: pensieri oscuri, tentazioni di rivalsa, agitazione continua.
3. Gesù è venuto a sanare
Tra giudei (Gesù lo era) e samaritani, da secoli, non correva buon sangue, comprendiamo così la reazione della donna quando Gesù le chiede da bere, e le espressioni scandalizzate dei discepoli.
Come fa Gesù ad abbattere il muro di incomprensione e a far capire alla donna che l’acqua che lui poteva donarle (lo Spirito Santo) dissetava per la vita eterna? Con moto empatico, le fa capire che conosce le sofferenze del suo cuore, ferito da tanti amori incompiuti, falliti (ha avuto molti mariti e quello con cui è ora non lo è). Gesù non giudica, ma vuole sanare, lenire le ferite di un cuore così.
Improvvisamente la donna dimentica il motivo per cui è andata al pozzo: la brocca d’acqua, gesto routinario che compiva ogni giorno, e va nel paese a raccontare dell’incontro. Di colpo tutti gli affanni della vita quotidiana passano in secondo piano, in Gesù ha scoperto il senso della sua vita e lo annuncia a tutti.
La testimone non è ‘ovviamente’ credibile. Il villaggio mette alla prova Gesù e dopo alcuni giorni dicono alla donna che non è più sulla sua parola che credono, ma per quella di Gesù stesso. Eppure questa donna disprezzata, straniera, ha propiziato un incontro grazie al suo stupore, alla sua improvvisa percezione di aver incontrato uno che vale la pena di far conoscere a tutti.
Non dovrebbe essere così anche per tutti noi?
-- don Erminio