I volti della Misericordia

Il Centro di Solidarietà di Rho, i Padri Oblati Missionari e le Parrocchie della Città di Rho propongono la mostra “I Volti della Misericordia”, curata da padre Antonio Sangalli e allestita presso il Santuario dell’Addolorata di Rho dal 17 aprile al 9 maggio 2021.

Pubblichiamo di seguito il testo di presentazione della mostra a cura del Centro di Solidarietà di Rho e dei Padri Oblati Missionari.


Questa mostra ha indubbiamente il grande merito di mettere in evidenza, attraverso la vastità e l’articolazione dei suoi documenti, come il tema della misericordia sia stato portante nella vita, nella dottrina e nella pastorale della Chiesa fin dai primi giorni della sua esistenza.

La parola “misericordia” in ebraico si riferisce all’attaccamento viscerale che una madre prova verso il figlio che ha portato in grembo. Ogni figlio è unico per la madre e ha un valore superiore agli errori che potrà commettere. Papa Francesco stesso nella bolla Misericordie Vultus la descrive con queste parole:

«È veramente il caso di dire che è un amore “viscerale”. Proviene dall’intimo come un sentimento profondo, naturale, fatto di tenerezza e di compassione, di indulgenza e di perdono» (Misericordia Vultus, § 6).

Nella misericordia materna c’è, però, un limite intrinseco dovuto al peccato originale, che solo la misericordia di Dio Padre può sanare. Dimenticandosi di essere rapporto con Dio, l’uomo perde, di conseguenza, la possibilità di fare esperienza della misericordia.

Nella Dives in Misericordia san Giovanni Paolo II spiega quanto la nostra società ne sia prevenuta e ostile:

«La mentalità contemporanea, forse più di quella dell’uomo del passato, sembra opporsi al Dio di misericordia e tende altresì ad emarginare dalla vita e a distogliere dal cuore umano l’idea stessa della misericordia. La parola e il concetto di misericordia sembrano porre a disagio l’uomo, il quale, grazie all’enorme sviluppo della scienza e della tecnica, mai prima conosciuto nella storia, è diventato padrone ed ha soggiogato e dominato la terra (cfr. Gen 1,28). Tale dominio sulla terra, inteso talvolta unilateralmente e superficialmente, sembra che non lasci spazio alla misericordia» (Dives in Misericordia, Giovanni Paolo II, § 2).

Si spiega così perché di fronte al male spesso si assumono atteggiamenti di disprezzo o di vendetta. La misericordia è percepita come debolezza o come una sorta di concessione immeritata per chi sbaglia. Invece innanzitutto è una qualità propria di Dio. Tanto che il salmo 103 recita che essendo Egli infinito, infinita è la sua misericordia:

«Come il cielo è alto sulla terra, così è grande la sua misericordia su quanti lo temono» (Salmo 103,11).

L’aver donato suo figlio Gesù è il segno più grande del suo “essersi reso misero”. Cristo è venuto con la sua vita a sanare definitivamente il limite umano.

Le sette opere di misericordia corporale, Caravaggio, 1606-1607 – Pio Monte della Misericordia, Napoli

Le sette opere di misericordia corporale sono rappresentate dal pittore bergamasco in maniera simultanea, le azioni si svolgono nello stesso luogo e nello stesso tempo. Nel dipinto, nella parte sinistra, è raffigurato l’episodio alloggiare i pellegrini con l’oste che indica con il gesto dell’indice l’alloggio ai due viandanti (uno raffigurato con una conchiglia sul cappello e l’altro posto va dietro alle figure principali di cui sono visibili solo l’orecchio e il bastone), mentre l’episodio dare da bere agli assetati è proposto mediante la raffigurazione dell’uomo che appena più indietro si disseta con la mascella dell’asino e che altri non è se non Sansone. Le due opere vestire gli ignudi visitare gli infermi sono proposte attraverso la scena nella quale un giovane si rivolge a un uomo steso per terra, mentre divide il suo mantello con l’uomo a torso nudo proposto di spalle. L’episodio seppellire i morti è invece raffigurato mediante il becchino che trasporta un cadavere e il diacono che illumina con la torcia la scena, mentre la giovane donna che allatta il vecchio condensa le due opere visitare i carcerati dar da mangiare agli affamati. L’inclusione della Madonna della Misericordia col bambino e gli angeli non diminuisce la capacità del pittore di esprimersi in maniera personalissima. La Madonna si trova in alto, ma protesa verso il basso, verso ciò che accade sulla terra, nella realtà quotidiana.

La tradizione della Chiesa elenca due gruppi di opere di misericordia:

  • Sette opere di misericordia corporale
  • Dar da mangiare agli affamati
  • Dar da bere agli assetati
  • Vestire gli ignudi
  • Alloggiare i pellegrini
  • Visitare gli infermi
  • Visitare i carcerati
  • Seppellire i morti

Sette opere di misericordia spirituale:

  • Istruire gli ignoranti
  • Consigliare i dubbiosi
  • Ammonire i peccatori
  • Consolare gli afflitti
  • Perdonare le offese
  • Sopportare pazientemente
  • Pregare Dio peri vivi e per i morti

Nella Misericordiae Vultus papa Francesco invita ognuno a riscoprirle nella propria vita.

Due quadri molto distanti tra loro. Eppure ci aiutano ad illustrare il periodo storico che stiamo vivendo. Due mondi a confronto, due lotte, due storie. Due donne, due ubertose donne per protagoniste: da una parte Marianne, l’emblema stesso della Francia, nel celebre quadro La libertà che guida il popolo di Delacroix; dall’altra parte la Vergine Maria, la patrona principale di Francia, nel famoso quadro La Madonna dei palafrenieri del Caravaggio.

La libertà che guida il popolo, Delacroix, 1830 – Louvre, Parigi

Marie-Anne, in armi e cappello frigio, trascina dietro di sé il popolo verso la conquista della libertà, della fraternità e dell’uguaglianza. L’ennesima lotta per cambiare il mondo, per liberarlo, per cambiare i rapporti tra gli uomini, ma ottenuta a prezzo del sangue.

La Madonna dei palafrenieri, Caravaggio, 1606 – Galleria Borghese, Roma

Caravaggio, attraverso Maria, Anna e il Bambino, provocatoriamente racconta un’altra storia, la storia più semplice del mondo, ma che ha cambiato il mondo. Anna è l’Antico Testamento che si affaccia sulla soglia del cambiamento: una donna di anziana, che guarda e assiste stupita a quanto accade, senza forse percepirne la portata. È il mondo vecchio che da solo non ce la fa a cambiare.

Maria è il mondo mentre sta cambiando: Lei, più giovane, non solo assiste ma aiuta il mondo a cambiare; ma anche Lei, benché immacolata, da sola non riesce a distruggere il male: riesce a schiacciare il serpente antico solo grazie alla forza impressa dal piede più piccolo, quello del Bambino.

Delacroix non presenta che una delle tante tappe della storia, all’insegna dell’utopia del bene di cui l’uomo dovrebbe essere fabbricatore con le sole proprie forze, fondandosi sugli idoli della Ragione e della Natura. Ma su queste basi l’uomo torna sempre di nuovo a fare il male: homo homini lupus. L’uomo divora il fratello. Lo dicono gli antichi miti archetipici, da Caino e Abele, a Romolo e Remo; lo conferma la storia recente, con i suoi genocidi, i lager, i gulag.

Il quadro di Delacroix esalta l’illusione che le nazioni possano redimersi da sé, ma così non è. Caravaggio osserva che l’evento più rivoluzionario della storia si affaccia dal buio, senza clamore, senza spettacolarità o trionfalismi, anzi, come tutte le opere di Dio, nella debolezza. Una donna – una giovane donna ebrea – ci guida, ci aiuta, ci incita alla lotta. Ma per liberarci da cosa? Per emanciparci da chi? Essa sa come fermare e chi fermerà questa lotta. Che è poi la lotta, quella antica, l’unica vera lotta che meriti di essere combattuta: l’inimicizia tra la serpe e la donna, tra la discendenza del male, il male di ogni tempo, e la sua discendenza (il Bambino) che gli schiaccerà la testa (Gen 3,15). L’insidia menzognera che offusca l’intelligenza dell’uomo e avvelena tutto, intossica ancora la storia umana. Guardare ai santi lava i nostri occhi, spalanca l’intelligenza.