Santi Innocenti

Brano questo tra i più crudeli del Vangelo. Che la Bibbia sia un libro truculento lo si può immaginare perché ogni libro che scrive della storia degli uomini ha a che fare con il lato migliore è quello peggiore dell’uomo. Basti ricordare le innumerevoli stragi raccontate in Genesi, Esodo, Cronache, Re e via così. Ma quella di oggi è comunque particolare perché coinvolge bambini e fa rabbrividire così come fa rabbrividire la morte dei primogeniti in Egitto.

Martiri o Testimoni.

Questi bambini non possiamo certo definirli martiri perché per definizione il martire conosce la causa per cui accetta di donare la vita ma loro, i bambini ebrei, Gesù di certo non lo conoscevano quindi faccio fatica a incasellarli come martiri.

Testimoni si, testimoni della crudeltà dell’uomo, della spietatezza della paura, della rabbia di un potente che temeva di perdere il proprio potere. Vittime innocenti ed ignare di un mondo dominato dal male e dal desiderio di onnipotenza dell’uomo. Testimoni involontari dell’abisso in cui ci ritroveremo se continueremo a credere solo in noi stessi. Testimoni fuori dal tempo di quanta miseria si celi nel cuore umano ferito, arrabbiato, arrogante ed idolatra.

Tempo.

Testimoni passati di un futuro certo in cui oggi come allora innocenti pagano il conto e le paure di altri. Non andiamo lontano amici, perché non c’è bisogno dello splatter per entrare nel circolo di Erode. Non bisogna per fortuna sempre inventarsi spargimenti di sangue per essere degni di Erode il grande. Lo siamo anche senza spade grondanti sangue quando avvolti nel manto della nostra supponenza tracciano giudizi trancianti su chiunque senza conoscerne i retroscena. Lo siamo quando forti delle nostre certezze ci ergiamo a giudici giudicanti di persone che non seguono il nostro malato ragionamento ( Socci docet! ). Lo siamo quando versiamo passivamente due euro per qualunque causa umanitaria ma fatichiamo a conoscere il vicino di casa o peggio nelle nostre chiese ci isoliamo in gruppetti dal pettegolezzo facile e feroce. Lo siamo insomma quando autoreferenzialmente pensiamo di poter bastare a noi stessi e ci scordiamo di quel bambino, di quella famiglia costretta a fuggire come profuga proprio dalla autoreferenzialità di un uomo impaurito dalla vita.

Se vogliamo che non vi siano più innocenti testimonianze davanti alla povertà dell’uomo, proviamo a rivolgere lo sguardo verso quella famiglia di fuggitivi perché nessuno si senta più rifiutato o in pericolo per i nostri bisogni di autoaffermazione.

Claudio