Leggendo le parole di Luca oggi un pensiero mi ha attraverso avversato la mente: nulla cambia sotto il sole sin dai tempi più remoti e l’uomo sembra difficilmente imparare una lezione.
Indifferenza.
Questa è la considerazione ed anche il peccato grosso che traspare nella storia narrata da Luca. Dai tempi antichi dei patriarchi, Noè, a quelli intermedi di Lot a quelli più recenti di Gesù fino a quelli più attuali, il peccato dell’indifferenza prospera beato. Scorre serena e tranquilla nella quotidianità delle nostre vite, delle nostre storie, delle nostre relazioni. Ci trastulla in una confortevole sinfonia di quotidianità di cose sempre uguali, di pensieri sempre identici. Di banalità importanti che trasformano lentamente la nostra pacatezza in assenza, in una sorta di anestesia cosciente per cui continuiamo a fare cose ma de-afferentando cuore e mente. Continuiamo a vivere, a stabilire relazioni, a crescere e anche a morire avendo come unico riferimento il noi stessi, il nostro stare bene “in primis” poi tutto il resto. Intendiamoci non è questo il peccato cioè la ricerca della tranquillità giusta e sacrosanta, ma è il porla come limite o meglio come idolo. Chiudere il nostro orizzonte facendo convergere cuore e mente su di noi ci isola progressivamente dalla realtà per cui ci accorgiamo dei cambiamenti quando ormai è troppo tardi, anche per cambiamenti biblici come il diluvio o la pioggia di fuoco di Sodoma.
Provocazione.
Ecco la provocazione del Maestro quel Suo apparente controsenso nell’affermare che solo chi perderà la Sua vita la ritroverà. Questa affermazione che sembra un ossimoro: perdere per ritrovare. Eppure nella logica del mondo ha la sua ragione. Finiamola di pensare che solo attraverso il politicamente corretto si abbia la pace. La pace non si trova concedendo sempre o peggio cedendo sempre per evitare discussione e fatiche. Non è nel nichilismo della nostra cultura e della nostra religione che si troverà l’equilibrio, ma è nella forza di testimoniare chi noi siamo è in cosa crediamo che troveremo la pace. Non sto inneggiando a una nuova crociata, anzi, prendo e rilancio la parole stesse di Gesù. Giochiamoci fino in fondo scoprendo finalmente le carte ed avendo il coraggio di esserci nella vita è non di lasciarci vivere, abbiamo il coraggio di perderci per quello in cui crediamo lasciamo da parte la correttezza politica e l’ignavia della nostra generazione. Schieriamoci finalmente affermando che Gesù sta proponendo un modo diverso di pensare, un modo nuovo di amare, non per noi, non per il nostro possesso, ma per Lui. Attraverso di Lui la perdita della nostra vita si trasformerà in nuova rinascita in una circolarità completa che parte dal basso, dall’ultimo, dal reietto, dal povero, dal malato, dal carcerato, dal barbone. Scuotiamoci da dosso questa dolorosa e venefica indifferenza per riscoprire che proprio Gesù è colui che capovolge e trasforma la nostra vita.
Claudio