Raffigurazione di pesci in tecnica a mosaico. Immagine generata da intelligenza artificiale.

La rete piena

29 ottobre 2023
II DOMENICA DOPO LA DEDICAZIONE DEL DUOMO (A)
Matteo 13,47-52

Riflessione a cura di don Erminio Villa

1. Dopo la pesca, la cernita

Il testo evangelico conclude la serie delle parabole del regno dei cieli che occupano l’intero cap. 13.

Quella oggi proclamata, vale a dire la parabola della rete, occupa i vv. 47-48, ai quali fa seguito la spiegazione (49-50). I vv. 51-52 rappresentano la conclusione dell’intero discorso in parabole, che interpella la comprensione dei discepoli ed esorta quanti, alla scuola di Gesù, diventano suoi discepoli a fare come lo scriba capace di attualizzare “oggi” gli insegnamenti del Maestro.

La parabola prende spunto da ciò che avviene nel mestiere dei pescatori dove, una volta tirata a riva la rete precedentemente calata in acqua, si opera una cernita tra i pesci commestibili e quelli che non lo sono sia perché ritenuti cattivi sia perché proibiti dalle prescrizioni della Legge:«Tutto ciò che non ha né pinne né squame nelle acque sarà per voi obbrobrioso» (Lev. 11,12).

Proprio questo gesto dei pescatori che separano i pesci buoni da quelli cattivi che stavano insieme nella stessa rete è colto dalla spiegazione della parabola fatta con il ricorso a immagini proprie al genere letterario dell’apocalittica giudaica del tempo di Gesù. 

2. Alla fine del mondo, il giudizio

Il giudizio finale ‘alla fine del mondo’ vede come protagonisti gli angeli, sempre presenti nel linguaggio apocalittico riguardante il giudizio. 

Esso viene in pratica descritto come una separazione il cui esito qui sembra riguardare soltanto «i cattivi», destinati alla rovina eterna (vedi la «fornace ardente» e lo «stridore dei denti»).

Nella parabola, invece, i pescatori mettono i pesci buoni «nei canestri» che, verosimilmente, rappresentano la sicurezza della salvezza e della felicità eterna per gli uomini giudicati “buoni” perché fedeli a Dio e alla sua Legge, che il Signore Gesù ha tutta racchiusa nella carità.

La domanda conclusiva ai discepoli: «Avete compreso tutte queste cose?» riguarda la comprensionedei «misteri del regno» ovvero delle «cose nascoste» che soltanto chi si fa discepolo può capire.

Questi, come insegna la parabola dello «scriba divenuto discepolo del regno dei cieli», estrae dal deposito prezioso che dimora in lui come ascoltatore del Maestro «cose nuove e cose antiche»ossia di attualizzare l’insegnamento del Signore nelle mutevoli circostanze dei tempi e dei luoghi.

3. La rete piena: la famiglia dei figli di Dio

La pagina evangelica ci dice il carattere universale della Chiesa che, come «la rete gettata nel mare» è destinata ad accogliere in sé tutti gli uomini senza curarsi di emettere su di essi giudizi e “separazioni” preventivi. Questi sono rimandati agli ultimi tempi e riservati a Dio stesso. 

Ora la rete deve essere piena! Del resto già nella pagina profetica di Isaia è annunciata l’universale chiamata dei popoli all’unica salvezza donata dal solo unico Dio: «Non sono forse io il Signore? Un dio giusto e salvatore non c’è all’infuori di me» (Isaia 45,21). Di qui il pressante invito rivolto da Dio a tutte le genti: «Volgetevi a me e sarete salvi» (v. 22).

Queste parole profetiche si sono realizzate effettivamente nella persona del Signore Gesù che è venuto nel mondo ad abbattere i muri di separazione e a raccogliere l’umanità dispersa in una sola famiglia: quella dei figli di Dio. 

Ed è ciò che egli continua a fare tramite la Chiesa: i singoli fedeli e, dunque, ciascuno di noi siamo esortati dall’Apostolo a rimanere «saldi nel Signore» (Filippesi 4,1) e a rifuggire da sentimenti e da atteggiamenti propri di quanti «si comportano da nemici della croce di Cristo… e si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra» incuranti del Regno e della salvezza. 

Cerchiamo di perseverare con vigile impegno nell’osservanza della legge che è l’amore che ha fatto della Chiesa il segno visibile della partecipazione delle genti alla salvezza in Cristo Signore.

— don Erminio