PIENAMENTE Sè – l’Uno
Dio del cielo se mi vorrai amare
scendi dalle stelle e vienimi a cercare
Dio del cielo se mi vorrai amare
scendi dalle stelle e vienimi a salvare.
(Fabrizio De André – Spiritual)
Una donna straniera; una Parola che ha pretesa di norma; un’unità da conservare.
Sono gli ingredienti di questa seconda tappa quaresimale; cammino battesimale. A fare i conti con la verità del nostro essere peccatori affiora la domanda su Chi ci possa realmente salvare.
Entra, Gesù, in territorio scomodo, nella regione di Samaria. Decide di sostare dove l’uomo aveva già sentenziato la condanna in nome di Dio. E’ ciò che afferma ai suoi: “il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera” (Gv 4,34). La sosta è obbligatoria. Sarà pienamente Sé mediante quest’unico legame che ha con ChiLo manda.
Verso “mezzogiorno” (Gv 4,6b) giunge una donna. Non sa di essere attesa, cercata. L’ora, la più calda, dice che è proprio ciò che fugge; non vuole essere vista, trovata. E’ ora calda di coprifuoco. Non di visite.
I samaritani vivevano un adulterio spirituale; in terra promessa adoravano altri dèi. Quella donna ne diviene icona.
Icona di chi è alla ricerca di Chi possa salvare, accontentandosi però di acque facili che non dissetano; “chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete” (Gv 4,13). Nell’adulterio spirituale si può credere di essere nel giusto ma il cuore non mente; il desiderio sempre rimane. La tentazione dell’errore è come un morbo a cui porre pronto rimedio.
La donna è infelice e Gesù le offre diagnosi sicura ai suoi mali. Non è una condanna – molteplici furono quelle degli altri concittadini – ma constatazione amichevole. A quel pozzo quella donna era venuta a prendere velocemente acqua; ora si ritrova in faccia la realtà. “Hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito” (Gv 4,18a).
E’ uno schiaffo non alla sua vita privata ma, più in profondità, alla sua spiritualità. Il pozzo è il luogo nel quale si facevano promesse di matrimonio; è luogo sponsale ed erotico, luogo di incontri.
Uno schiaffo all’anima, che domanda a cosa si è legati. Dai legami contratti provengono le scelte.
E’ un matrimonio quello che contrae Gesù a quel pozzo; un legame nuovo, un’alleanza nuova. Non solo con la donna ma con tutto il suo popolo. E’ un legame che punta dritto all’essenziale, rigettando le forme troppo umane: “viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità” (Gv 4,23a). Ha pretesa, Colui che è stato mandato, di unicità. Al di là dei riti e prima delle formule occorre tener ben presente la Causa Prima. Si potrebbe perdere o dimenticare.
Dramma presente nelle Parole del patto, “alleanza sull’Oreb” (Dt 5,2b). Un patto unico e universale che non ammette concorrenti: “perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso” (Dt 5,9a). E’ alleanza passionale di Chi ha pretesa nell’affermare “non avrai altri dèi di fronte a me” (Dt 5,7).
Esclusività che produce libertà, non limiti. E’ scacco agli idoli che si affastellano in noi.
E’ Colui che si è implicato con la storia a reclamare unicità. Da qui la Sua pretesa. Il Divino non ammette altri pretendenti del cuore. Gesù viene a liberare quella donna, non a imputarla rea. La riabilita nell’Uno; è la Sua missione. Il pluralismo religioso è rischioso per l’io-persona.
Sua missione è quella di ribadire che vi è “un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti” (Ef 4,6). Richiamerà tutti ai quali si rivolgerà riguardo la Causa Unica. La Sua è ora dell’Uno; Egli stesso ne diviene ora. E’ la Sua singolarità a pretenderne altrettanta.
L’Uomo della Croce viene a liberare da un adulterio spirituale che lega. E’ ora di svuotamento dagli idoli; Egli, solo, immagine del Padre. Colui che sempre ci attende per liberarci e riammetterci nell’Uno. Unico legame da contrarre.
Alessandro