Mysterium iniquitatis

SIGNIFICANTE – mysterium iniquitatis

Aspettare, aspettarti.

Ma un solo presente

presuppone l’attesa: tu.

(Kalindi Achala)

Adventus – il Suo sopraggiungere – è “segno” (Mt 24,3b.30a) ricercato e atteso: quando e quale?

Fine e inizio vengono originati – nella liturgia, eminente magistra – dall’evento – “la venuta del Figlio dell’uomo” (Mt 24,27b) – archetipico ed escatologico.

L’invito ad ri-iniziare: “alzate al cielo i vostri occhi” (Is 51,6a). Cambio di prospettiva, conversione di orizzonte – in questa quaresima invernale – sono richiesti dall’attendere, nella perenne tensione: “non è ancora la fine” (Mt 24,6b).

Che-Egli-venga – “maranathà” – è il grido della penultimità che la comunità, da Lui appartenuta, porta nel cuore e che non può essere soffocato.

Che-Egli-viene è attestazione della promessa del Divino: “da me uscirà la legge” (Is 51,4c). Come fenomeno del Sé umanato. “Viene il nostro Dio e non sta in silenzio” (Sal 50,3a). L’ascolto reclamato è l’atteggiamento dell’attesa.

Che-Egli-venne è tensione nel memoriale perenne, manifestazione di un Tu generato-non-creato; consustanziale al Divino.

Nel tempo dell’attesa – dell’evo che Lo ha susseguito fino ad ora – la Sua raccomandazione: “che nessuno vi inganni!” (Mt 24,4b.5b.11.24b). O meglio: “nessuno vi seduca”. Come un condurre fuori, separando.

Perché è questo il tempo del mysterium iniquitatis che “è già in atto” (2Ts 2,7a); per il suo dilagare “si raffredderà l’amore di molti” (Mt 24,12b). Le scintille generate in prima battuta possono spengersi se non supervisionate. L’attesa dovrebbe continuamente alimentarle – significandole.

Vi è un contrario che pare abitare questo tempo sospeso e teso alla “venuta del Figlio dell’uomo” (Mt 24,27b). “L’avversario” (2Ts 2,4a) ha lo spazio del mezzo; gli è concesso di scorribandare e di creare l’illusione con la “menzogna” (2Ts 2,11b). E’ la sua stessa natura.

Il tempo di mezzo può, dunque, divenire tempo di “apostasia” (2Ts 2,3a), un “abominio di devastazione” (Mt 24,15a). L’attesa – ecco il dramma – può divenire perdizione, negazione, rifiuto.

Dimentichi e spenti, possiamo credere che tutto, irrimediabilmente, sia davvero “la fine” (Mt 24,14b).

Tale mistero di iniquità ha chi (o cosa) “lo trattiene” (2Ts 2,6a.7b) – katechon. Questa dilazione di tempo (e spazio) – tra significato e significante – permette di purificare e in-centrarsi su Chi giunge.

Nell’attesa della Sua venuta.

Alessandro