Duccio di Buoninsegna | Pentecoste

Il dono del Paraclito

17 maggio 2020  
VI DOMENICA DI PASQUA (A)  
Giovanni 14, 25-29

Riflessione a cura di don Erminio Villa.

1. Il dono del Paraclito

Spesso i discorsi di Gesù sfuggono alle nostre definizioni e alle nostre aspettative; infatti da una serie di espressioni al futuro: “osserverete, pregherò, sarà in voi, non vi lascerò, ritornerò”… ricaviamo una “promessa”, non un progetto o un programma. Ci è promessa in dono una realtà che investe la nostra esistenza dall’interno: lo Spirito che rimarrà in noi e che continuerà a ricordarci la parola e l’amore di Dio. 

Paraclito è il “Consolatore”: colui che sta accanto a noi; colui che consola, conforta e incoraggia; colui che in noi e per noi prega, chiede, domanda con insistenza; colui che chiama, che convoca, che invia; «Lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto». 

Ancora una volta Gesù ci parla di amore, e delle condizioni per rimanere nell’amore. Purtroppo oggi molti riducono l’amore ad un’emozione, a un sentimento, ad uno slancio del cuore… ma per Gesù l’amore ha a che fare con la vita stessa di Dio, è quindi una realtà viva, stabile, duratura, che vuole impiantarsi in noi.

Quello che ha detto ai discepoli lo ripete, continuamente, anche a noi: lo Spirito è stato effuso in noi nel Battesimo, alla Cresima ci ha avvolti con i doni di sapienza e di fortezza, ogni giorno ci ricorda quello che siamo e la missione che ci è affidata: siamo discepoli di Cristo (cristiani), perciò inviati ad annunciarlo e testimoniarlo nella semplicità del nostro quotidiano. 

2. Il dono della pace

Vi lascio la pace”, “vi do la mia pace”, prosegue ancora Gesù. Pace, per gli orientali, è la parola che esprime più di ogni altra la pienezza di uno “star bene in tutto l’essere, tutto quello a cui, chi esiste, può aspirare”. Augurare la pace significava dunque augurare il meglio e la sintesi di ogni vero bene. 

Con la sua pace il nostro cuore è pacificato e diventa saldo, irremovibile; ha colto il suo posto nel mondo e quindi non si spaventa nelle avversità, non si dispera nel dolore, non si scoraggia nella fatica. La pace sta nella gioia del sapersi conosciuti, amati, preziosi, sta nel sapersi nel cuore di una volontà benefica di Dio, che vuole la nostra salvezza. 

Il Signore ci dona la sua pace, che è una pace diversa da quella che dona il mondo: l’abbiamo sperimentato e lo sperimentiamo in questo terzo millennio: il mondo si è svegliato impaurito e guerriero, e tutte le conquiste che sembravano aver portato i buissimi anni del ventesimo secolo sono dimenticate. 

Pace ben diversa dalla pace mondana basata sulla soddisfazione di milioni di bisogni inutili e indotti. Pace diametralmente opposta alla pace del benessere, dell’avere, dell’apparire, del mettere il proprio immenso ego al centro del palco.

3. L’impegno per la pace

Sappiamo che la pace – per noi cristiani – parte da un incontro, da un dono del Risorto, non è semplicemente un atto spontaneo, né di generosa concessione: piuttosto questa è la condizione essenziale per potersi dire autenticamente discepoli; e questa pace si raggiunge anzitutto nel profondo, nell’intimo, nel cuore di ciascuno, cuore toccato e convertito dal sentirsi amato. 

Il cristiano è pacifista perché radicalmente pacificato, disposto ad amare perché amato. Proprio perché amato e perdonato diventa capace di amare e perdonare, di donare la propria vita, di vedere nell’altro un fratello e mai un nemico. 

Conserviamo la pace nelle piccole cose, diventiamo pacificatori, non solo pacifisti, perché le grandi guerre non sono che la somma e la degenerazione delle nostre piccole guerre e dei nostri piccoli egoismi.