9 agosto 2020
X DOPO PENTECOSTE (A)
Marco 12,41-44
Riflessione a cura di don Erminio Villa.
1. Il gesto nascosto di una donna
Gesù, durante la sua predicazione, ha sempre mostrato una predilezione particolare per le donne sole. Ora affida al gesto nascosto di una donna, che vorrebbe solo scomparire dietro una delle colonne del tempio, il compito di trasmettere il suo messaggio.
Nel tempio, come in città, in primo piano sono sempre i personaggi che hanno lo spettacolo nel sangue: passeggiano in lunghe vesti, amano i posti d’onore, essere riveriti per strada… Questa riduzione della vita a spettacolo la conosciamo anche noi, è una realtà patita da tanti con disagio, da molti inseguita con accanimento.
Il Vangelo vi contrappone la presenza defilata di Gesù che, seduto davanti al tesoro del tempio, osservava come la folla vi gettava monete: osservava «come», non «quanto» la gente offriva. I ricchi gettavano molte monete. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine di poco valore: poteva tenerne una per se stessa e invece le mette entrambe.
Gesù se n’è accorto, solo lui; chiama a sé i discepoli e dà la sua lettura spiazzante e liberante: “questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri”. Così indica a loro, che non si erano accorti di questo evento, come bisogna rispondere a Dio.
2. Il valore da mettere in evidenza
Gesù non bada alla quantità di denaro. Conta quanto peso di vita, quanto cuore, quanto di lacrime e di speranze è dentro quei due spiccioli. Due spiccioli, un niente ma pieno di cuore. Il motivo vero e ultimo per cui Gesù esalta il gesto della donna è nelle parole «Tutti hanno gettato parte del superfluo, lei ha gettato tutto quello che aveva, tutto ciò che aveva per vivere»: consegna a Dio tutto di sé; è il dono più grande!
Anche Lui darà tutto, tutta la sua vita. Come la vedova povera, quelli che sorreggono il mondo sono gli uomini e le donne di cui i giornali non si occuperanno mai, quelli dalla vita nascosta, fatta solo di fedeltà, di generosità, di onestà, di giornate a volte cariche di immensa fatica.
Loro sono quelli che danno di più. I primi posti di Dio appartengono a quelli che, in ognuna delle nostre case, danno ciò che fa vivere, regalano vita quotidianamente, con mille gesti non visti da nessuno: gesti di cura, di accudimento, di attenzione, rivolti ai genitori o ai figli o a chi busserà domani.
3. La santità: piccoli gesti pieni di cuore
Non è mai irrisorio, mai insignificante un gesto di bontà cavato fuori dalla nostra povertà. Questa capacità di dare, anche quando pensi di non possedere nulla, ha in sé qualcosa di divino. Tutto ciò che riusciamo a fare con tutto il cuore ci avvicina all’assoluto di Dio.
Quanto più Vangelo ci sarebbe se ogni discepolo, se l’intera Chiesa di Cristo si riconoscesse non da primi posti, prestigio e fama, ma dalla generosità senza misura e senza calcolo, dall’audacia nel dare. Molto spesso, invece, l’aiuto che si dà è veramente poca cosa, rispetto alle possibilità che abbiamo. Raramente, aiutando qualcuno, rinunciamo a qualche cosa o semplifichiamo il nostro stile di vita. Questa è la dimostrazione che diamo solo parte del superfluo.
L’indifferenza di cui parla papa Francesco non è una esagerazione. Se appena abbiamo dato qualcosa, ci sembra già di essere stati migliori della media e ci mettiamo il cuore in pace, e così cadiamo nell’indifferenza o nella chiusura. Gesù però non è venuto a portare questo tipo di pace molliccia, ma la spada per pungere la nostra coscienza a stimolarci a un di più d’amore per restare vivi. Allora il Vangelo tornerebbe a trasmettere il suo senso di gioia, il suo respiro di liberazione.
È il “magis” (il di più) di sant’Ignazio di Loyola. Anche oggi una delle gioie più grandi è vedere che ci sono persone che si donano totalmente nel servizio a Dio e agli uomini, senza riserve e con il sorriso sulle labbra e nel cuore. Speriamo di somigliare un poco a loro.
-- don Erminio [ Santuario dell'Addolorata - Rho ]